Se vi siete persi gli ultimi post (uno e due), vi faccio un riassunto: sono in vacanza, divisa fra mare e montagna, ma non volevo lasciare il blog a se stesso. Così ho programmato alcuni post in cui racconto le “puntate precedenti”, per chi si fosse unito alla banda da poco e per chi ne facesse parte da tempo ma non abbastanza da conoscere tutti gli altarini…
Oggi vi voglio far guardare, più che leggere.
La mia passione per la fotografia, seppur mai verbalizzata né pubblicizzata, è una storia antica. Le prime foto che feci “con coscienza” ero a Napoli per una breve vacanza e quella che usavo era una reflex tradizionale, a pellicola e per niente automatica.
Imparai velocemente ciò che mi serviva per ottenere la giusta luce in macchina, e subito dopo quella vacanza lo dimenticai.
Sia la macchina che le foto rimasero al mio fidanzato dell’epoca e non le ho mai più viste. Le ricordo tutte molto bene però, se non altro quelle di cui mi sentii più orgogliosa.
Poi ci fu la Scuola del Cinema, dove studiai gli elementi base della fotografia cinematografica: le ottiche, la luce, il diaframma, l’esposizione, la sensibilità della pellicola. Tutte cose che ho potuto applicare anche alla macchina fotografica, quando Maritomio ne ha comprata una: il giorno prima del cesareo programmato della Dodo.
Quello era un regalo che non mi sarei mai concessa: troppo caro perchè io, piccola precaria, me lo potessi permettere. Troppo caro perchè io, morigerata figlia di papà, osassi chiederlo in dono (avevo già avuto un motorino dopo la laurea, del resto…).
Ed è stato il regalo più bello che potessi ricevere.
Il fatto che non fosse un regalo solo per me, ma per la famiglia intera, non fece che accrescerne il valore: oltre ad una macchina fotografica seria, avevo anche guadagnato un soggetto di cui non mi sarei stancata facilmente e che, almeno all’inizio, non avrebbe potuto protestare dell’essere così frequentemente immortalato.
(Fra l’altro la Dodo è anche parecchio fotogenica! Magari ve ne sarete accorti, nonostante le pecette che metto sugli occhi a lei e alla sorella per proteggerne la privacy.)
Le foto raccontano cose che le parole non dicono, a volte invece le completano. Mi sono ispirata a blogger ben più famose e più esperte di me nell’aggiunta di grafiche che aggiungessero piccole note, vuoi di colore, vuoi di significato, alle foto stesse.
In alcuni casi ho lasciato parlare le foto, più delle parole.
Per esempio quando vi ho raccontato il nostro Mare in Inverno e poi lo stesso mare in versione estiva, in una casa presa in affitto.
Oppure in queste sequenze scattate dopo i temporali, quando quel Mare in Inverno ci ha regalato cieli spettacolari.
O in questo elogio alla pazienza, che non è mai abbastanza.
E quella volta in cui siamo stati al Museo delle Scienze Naturali, o quando siamo stati in viaggio a Lubiana.
Più recentemente vi ho messi a parte della mia ossessione per gli ombrelloni chiusi su una spiaggia sgombra.
E vi ho raccontato Roma dal mio punto di vista, piuttosto impietoso.
Non ho la pretesa di essere una grande fotografa (anche se una volta mi sono sorpresa a dissertare sull’arte della fotografia); sermplicemente mi piace avere una testimonianza della vita che ho vissuto, per poter tornare a contemplarla, quando ne ho voglia.
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